Ai posteri non è dato conoscere la storia.
Nel Comune di San Potito Sannitico, in Provincia di Caserta, appena prima di entrare nel centro abitato, nella parte occidentale del paese, sorgeva fino a qualche anno fa un complesso di edifici di una bellezza e un’importanza storica e architettonica probabilmente senza simili, in tutto il territorio dell’Alto Casertano. Si tratta del Complesso Monumentale delle Torelle, un complesso architettonico, cresciuto su se stesso nel corso di dieci secoli di storia, e che ha visto la morte definitiva negli ultimi anni.
Le fonti storiche sul complesso architettonico sono molto discordanti e purtroppo lacunose. Negli archivi storici si fa fatica a ritrovare documenti che si riferiscano direttamente agli edifici che lo costituiscono, ma nei principali testi di storia locale compaiono differenti notizie.
Queste giungono essenzialmente all’interrogativo “Terme o Villa alle Torelle?”, che ha assillato anche uno dei maggiori storici locali, quali Domenico Loffreda. Ma il dott. Loffreda non è stato l’unico a interessarsi dell’edificio. Notizie sulle Torelle sono rintracciabili anche in uno dei più antichi testi di storia locale, quale quello del Trutta (Dissertazioni istoriche delle antichità alifane). Esso, per la sua monumentalità e le sue particolarità architettoniche ha sempre riscosso molto interesse, fin dall’antichità.
Le Torelle sono state oggetto di un “restauro” nel corso degli ultimi anni, che ha consentito di uscire dalla situazione di abbandono, che perdurava da quasi un secolo, e che lo aveva condotto allo stato di rudere, ovvero da quando il cimitero del paese è stato trasferito nella sua sede attuale.
Mi piacerebbe raccontarvi della nuova vita restituita a quelle pietre di 1000 anni, plasmate e consunte dal tempo, mi piacerebbe congratularmi con l’amministrazione locale e con gli enti preposti alla tutela degli edifici storici, ma purtroppo non può essere così.
Infatti, sotto gli occhi indifferenti o poco accorti di tutti, con il benestare del Comune, proprietario del bene, con il “nulla osta” della Soprintendenza ai Beni Architettonici e al Paesaggio, e con il contributo economico, tutt’altro che esiguo, elargito dalla Comunità Europea, l’edificio è stato completamente stravolto, tradito e violentato.
E’ un restauro quello condotto alle Torelle? Non può essere certamente definito tale.
Non si può infatti definire restauro un intervento che non tiene conto della natura del luogo, della consistenza materica dei manufatti, della loro conservazione e del rispetto per i secoli trascorsi.
Andando oggi alle Torelle si “ammira”, in tutto il suo “splendore” un nuovo edificio, in luogo del rudere che raccontava secoli di storia locale.
Alla comunità locale è stata estorta una porzione, la più ricca e la più antica, della propria storia, violentandone le radici, nel luogo della cultura religiosa e della memoria per eccellenza (le Torelle sono state a lungo il luogo della sepoltura degli abitanti di San Potito) e nessuno potrà più restituirla.
Il compenso di cui è stata decorata la comunità locale e la popolazione di tutto l’Alto Casertano è la sede, che probabilmente non entrerà mai in funzione, del “Museo del Brigantaggio”.
Mi prendo sempre la responsabilità di quello che dico e soprattutto se parlo di qualcosa che mi sta particolarmente a cuore.
Ed è per questo che mi sarebbe piaciuto assistere a un intervento maggiormente rispettoso della memoria e della materia custodita in quelle pietre. E per questo urlo il mio sconcerto e denuncio che è stata persa l’occasione di restituire alle Torelle una nuova vita, rispettosa della memoria ma contemporaneamente proiettata al futuro.
Infatti, conservare non vuol dire imbalsamare, non vuol dire rinunciare ad utilizzare gli edifici storici, vuol dire portarli nel futuro con una nuova vita, rispettosa del passato.
Ogni singola pietra, ogni centimetro di malta, ogni mattone, ogni nicchia, ogni muro, ogni lastra, alle Torelle, raccontava qualcosa, ci raccontava di un popolo in bilico tra la cultura pagana e quella cristiana, ci raccontava di una storia che partiva dai romani, o forse prima, e ci conduceva al secolo scorso, ci raccontava della grandezza di questo territorio e della sapienza costruttiva dei suoi architetti e dei suoi maestri costruttori. Avrebbe potuto continuare a raccontarcelo, ma non è così.
Tutto ciò non ci sarà più raccontato, solo perché si è deciso di percorrere la strada di un restauro poco rispettoso delle preesistenze e rivolto solo alla convenienza del momento.
Sono pronta a confrontarmi con chiunque voglia interrogarsi sull’accaduto o rispondere alle mie domande, a cui da mesi cerco di dare una risposta di senso compiuto. Non si può lasciar correre. Non si può aspettare che la convenienza del momento di attingere a fondi pubblici continui a cancellare la storia di un popolo e di un territorio.
Bisogna raccontare quello che è successo alle Torelle per evitare che continui ad essere questo il metro utilizzato, per evitare che altri pezzi di storia vengano cancellati e per evitare che i nostri figli si ritrovino in un luogo in cui la memoria non abbia testimoni.
Ottimo articolo..Tutti i miei complimenti per una visione realistica di quelli che possono essere considerati dati di fatto.
RispondiEliminaCito: "con il “nulla osta” della Soprintendenza ai Beni Architettonici e al Paesaggio, e con il contributo economico, tutt’altro che esiguo, elargito dalla Comunità Europea, l’edificio è stato completamente stravolto, tradito e violentato". aggiungo tra virgolette "restaurato" o reso quantomeno usufruibile, il contrario sarebbe stato l'oblio mitologico e leggendario anche del nome stesso.
RispondiEliminaVa molto sottolineata questa parte perché come per i privati anche gli enti si rivolgono a dei professionisti e alle autorità preposte alla tutela del bene stesso (non essendo esperti del settore si rivolgono a quelli che dovrebbero esserlo), e se questi sono dei cani e non solo qui nella provincia di Caserta ma in Tutta Italia (esperienze decennali) non è certo dell'amministrazione locale la colpa. Se chi scrive nel blog si ritiene un'esperto perché non si è fatto avanti prima?
Anche a me non piace il restauro che è stato eseguito, ma essendo un esperto del settore e sapendo come vanno le cose nelle soprintendenze e non essendo potuto essere presente, al momento della redazione del progetto e alla sua realizzazione per motivi di lavoro, anche solo per un'idea o una consulenza: 1- ho l'educazione di non fare commenti, 2- di certo non incolpo la vecchia amministrazione per aver cercato di fare qualcosa di buono.
Allora nei Blog come questo sarebbe bene far la voce grossa e/o mettere in evidenza la non tutela dei beni da parte di un sistema di controllo Storico Artistico Italiano decadente, che non ha dei professioni veri del settore(Restauratori), ma architetti e storici della politica-artistica dove nella maggioranza dei casi si interessano di più alle pubblicazioni con il loro nome ben in evidenza che al restauro stesso.
Inoltre dei molti anche con specializzazioni, non essendo dei Restauratori, si approcciano al restauro con un gusto del bello e del buono tutto personale o fondate su esperienze passate e non su vere basi tecno-scentifiche.
Quindi ottimo articolo di cosa? di cosa si vuol parlare o perché partire dalle torelle? ce ne sono centinaia di esempi nell'alto casertano... da 20 a questa parte... e potrei parlane di centinaia in tutta italia...
Se si vuole fare demagogia generica su qualcosa di cui si è per di più colpevoli della non presenza dichiarandosi esperti del settore, io di certo preferisco tirarmene fuori, fin quando non sarò io stesso a mettermi in gioco. Ed è per questo stesso motivo che resterò un'anomimo.
Invito a farsi un giro a San Potito. Si vedrà oltre le torelle, al posto di un palazzo del '700 un squarcio postbellico, questa è la politica di tutela monumentale di quella che si professa città slow.
RispondiEliminaIo, laureato in Conservazione dei Beni culturali, non so se sono o meno un tecnico... Anzi, sicuramente non lo sono. Tuttavia, cercarono di coinvolgermi in questa...in questo lavoro. La vecchia amministrazione mi chiese di farne una relazione in proposito quando i lavori stavano per essere avviati e mi fu dato parte del progetto, ciò che a me più interessava, la relazione storica. Se io leggo "edificio monastico con chiostro a due livelli", in luogo di ciò che è (una sepoltura a scolatoio) cosa devo pensare? Ovviamente risposi che dal mio personalissimo punto di vista era un assurdo... se non peggio. Dissi che ritenevo più utile puntare su una sorta di parco archeologico di zona cimiteriale ottocentesca, secondo la duplice prospettiva monumentale e di costumi sociali che la prescrizione di seppellire fuori le mura delle città implicava. In diretto collegamento, inoltre, con la parte archeologica romana. Ma può mai esser preso in considerazione un intervento "soft" di valorizzazione senza colare cemento?
E poi in quale bellissimo mondo si prepara un lavoro pubblico o con conseguenze pubbliche/sociali (qual è l'intervento su un bene privato ma che ha una determinante ricaduta di contesto storico/culturale) facendo precedere una fase di audit pubblica? Quando mai si ascolta la popolazione o comunque prospettive differenti?
Continuiamo a dare la colpa alle Soprintendenze (e io ne do molte per quanto riguarda la documentazione e la lettura dei beni storico-artistici spesso sballata o peggio lacunosa). Ma si inizi una buona volta ad assumersi le responsabilità in prima persona. Qui non c'entrano nulla scelte estetiche. Qui c'entra il voler leggere gli edifici monumentali nella loro complessità ontologica. Nelle Torelle uno degli elementi simbolici di maggiore pregnanza era, infatti, il monumento sepolcrale a Piazza, una sorta di obelisco che svettava sulla valle sottostante. Ora la sua percezione è del tutto obliterata dalla presenza di un muro retrostante. Questo è obliare la memoria, non lasciar quel luogo magico allo stato di rudere. Del resto se la mentalità corrente è quella del costruire questa è la conseguenza. Parlare di rifunzionalizzazione è una falsa maschera che nasconde il desiderio malsano d'intervenire ad ogni costo per lucrare sul patrimonio edilizio a valenza storica.
"Cui prodest?", questa è la domanda che faccio: a chi servirà un museo del brigantaggio quando non c'è alcun (NESSUNO) oggetto da conservare? Cosa c'è di buono in questo intervento?
Non ho partecipato alla fase di progettazione ma abito e amo San Potito: ho il sacrosanto dovere (non diritto) di parlare. Mi sono messo in gioco ma non è servito!
Sottoscrivo il commento di Fabio, a cui rinnovo i ringraziamenti per i consigli e i suggerimenti che mi fornì a suo tempo, quando mi interessai delle Torelle per la mia tesi di laurea.
RispondiEliminaE' un peccato non riconoscere che la perdita della consistenza materica di un luogo eccezionale come quello sia una sconfitta per San Potito e per tutto l'Alto Casertano.
Parto dalle Torelle perchè me ne sono interessata (proponendo un progetto conservativo, un parco archeologico a cielo aperto, sentendomi ridere alle spalle), ma so bene anch'io che l'elenco è troppo lungo per tacere sul resto.
Grazie
Non entro nel merito nella lettura dell'opera in questione, se parco archeologico o edificio monastico anche perchè non essendo del luogo in oggetto, non avrei materia su cui discutere, se non le foto su questo blog. Ma in merito alla lettura da parte dei tecnici dell'opera, visto che sopra è stato ben spiegato, non capisco perchè dare la colpa agli "ignoranti". Il problema oggi in Italia sono i tuttologi, se ognuno facesse il proprio mestiere e come si diceva sopra se ne prendessero poi le responsabilità le cose andrebbero meglio. Allora non capisco come poi e perchè in Italia e anche in questo esempio, gente dal profilo colta (cosi evidenziano i commenti) si accanisce a dare la colpa a chi della materia è digiuno (ammenochè non ci siano professionisti del settore nell'Amministrazione). Come in tutti o quasi gli altri luoghi in cui mi è capitato di lavorare, anche nell'Alto Casertano, la prima responsabilità non è delle Amministrazione Locale subito messa alla gogna ( tanto come già ribadito sopra, nei commenti, basta fare delle cose, qualsiasi esse siano e in un modo o nell'altro i soldi girano lo stesso) ma dei tecnici che le propongono e di quelli che dovrebbero in scala gerarchica amministrarle e tutelarle. Infine voglio rispondere al commento preultimo ribadendo e dicendo che si da la colpa alle Soprintendenze perchè queste esaminano il bene in questione, queste apprrovano o meno i progetti e queste dovrebbero avere i professionisti esperti del settore nel loro organico, ecco perchè sono disposto a perdonare le Amministrazioni Locali, soprattutto in un piccolo paese come il Vostro.
RispondiElimina