venerdì 27 maggio 2011

Il retro della città come la polvere sotto il tappeto



Il paesaggio urbano contemporaneo è fatto anche di “retri”. Tanti di questi si concentrano nei pressi delle stazioni ferroviarie, in prossimità dei grandi parcheggi di interscambio, nelle vicinanze degli aeroporti. Sono luoghi ambigui. Osservandoli si ha la sensazione di incompiutezza, continui rimaneggiamenti, riprese, abbandoni: racconti di storie. A me spesso risvegliano anche uno stato di inquietudine e richiamano alla mente l’immagine della polvere sotto il tappeto, quella che c’è anche se non la vedi, l’hai spostata ma non l’hai eliminata. Oggi a Milano è stato sgombrato un retro. I Rom dei binari morti della Ghisolfa sono stati mandati via all’ora di punta, da un assembramento di quindici camionette della polizia di stato, istruiti a dovere, possiamo immaginare bene da chi. Ma i Rom sono come la polvere sotto il tappeto, non sono spariti e stanno già cercando un altro posto dove trascorrere la notte. Loro non sono mai stati importanti, ma oggi alla vigilia di una scelta importante per la politica della città diventano strategici. Il pensiero viene stravolto, non hanno importanza le persone, non hanno importanza le difficoltà dei singoli, non si agisce per la risoluzione programmata di un problema, non se ne trova la soluzione, non si aiuta! Si mette in scena l’ultimo atto di una reclame tragicomica e fatta di colpi bassi.
Tutto l’universo obbedisce alla paura e gli orchestranti la fomentano, la suonano come il gingle di una pubblicità. Non devi pensare, non devi ragionare, devi solo collegare le cose che ti vengono dette, vedi i Rom e inizi a sentire il motivetto. Non esistono argomenti, non esistono fatti, esiste solo la promessa di tenere l’estraneo lontano dalla tua terra, come se fossimo padroni di un singolo cm di questa terra, dimenticando che siamo di passaggio e che dovremmo rispettare tutto e tutti.
Se per decenni ci siamo occupati della facciata, ora non possiamo lamentarci che il retro della città strabordi di polvere.

martedì 10 maggio 2011

Palazzo Verbania e l'opera di Vittorio Sereni


Palazzo Verbania è una bella palazzina liberty collocata in una posizione dominante sulla sponda del Lago Maggiore nel territorio del Comune di Luino.
Fu costruito nei primi anni del Novecento e inaugurato nel 1904, su progetto dell’architetto e ingegnere luinese Giuseppe Petrolo.
L’edificio fu costruito per essere il kursaal della città e un locale per divertimenti, centro di attrazione per i turisti e un moderno e luminoso capolinea ideale per le linee ferroviarie e quelle lacuali, a servizio della facoltosa aristocrazia che affollava Luino in quel periodo. Fu successivamente trasformato in albergo, e poi in biblioteca.
Nel progetto per il Kursaal va sottolineata l’ardita scelta stilistica e la correttezza dell’impianto generale, aperto al paesaggio e orientato al lago, con cui da oltre un secolo continua a dialogare.
Esso rappresenta il perno del rinnovamento edilizio e urbanistico della città, sulla cui scia furono costruiti meravigliosi edifici, soprattutto ville, fabbriche e alberghi che caratterizzarono la belle époque luinese.
Oggi l’edificio è sede del Museo Civico e ospita interessanti mostre temporanee ed eventi culturali.
Attualmente è in corso la mostra “Vittorio Sereni, parole per musica fiorite”, una mostra multimediale, a ingresso libero, fino al 28 maggio (orario: dal martedì alla domenica, 9:00 – 12:00 / 15:00 – 18:00), dedicata all’opera di Vittorio Sereni (Luino 1913 – Milano 1983), una tra le voci più alte della poesia italiana del secondo Novecento, che ha celebrato con i suoi versi Luino e i luoghi più belli del Lago Maggiore.
Oltretutto, la location di questa mostra a Palazzo Verbania chiude il cerchio di un percorso tra poesia e architettura che coinvolge l’edificio e il poeta Sereni.
Tra i suoi versi, infatti, nella raccolta “Frontiera” compare la poesia “Terrazza”, per la quale molti studiosi sono concordi nel riconoscere la bellissima terrazza a lago di Palazzo Verbania.


Terrazza

Improvvisa ci coglie la sera.
Più non sai
dove il lago finisca;
un murmure soltanto
sfiora la nostra vita
sotto una pensile terrazza.

Siamo tutti sospesi
a un tacito evento questa sera
entro quel raggio di torpediniera
che ci scruta poi gira e se ne va.


(Vittorio Sereni)