Dopo averla a lungo studiata e cercata nei volumi e nelle monografie più accreditate, mi imbatto per caso in quella che può essere sicuramente considerata una tra le più chiare, lapalissiane e inequivocabili definizioni della discussa differenza tra restauratore e conservatore.
La riporto in maniera integrale, nella speranza che susciti in coloro che la leggeranno la stessa stupita approvazione e condivisione.
Mi urla nell'auricolare che "gli amatori delle auto d'epoca si dividono in due categorie: i restauratori e i conservatori". Grido che non capisco, e oltre tutto la cosa non mi pare di grande aiuto per uscire dal monsone. L'altro insiste: "Semplice: i restauratori impermeabilizzano! Verniciano! Chiudono per bene ogni fessura! Rendono tutto più felpato e confortevole! Chiaro?"
Chiaro, e perfettamente inutile.
"Invece i conservatori lasciano tutto così com'è. Sostituiscono il pezzo e basta. Chiaro?"
Chiaro, abbiamo capito che il proprietario della Topo appartiene alla seconda confraternita.
"Se avessi impermeabilizzato le fessure", gracchia al telefono il Righi Roberto mentre ormai ci piove nelle mutande, "l'auto avrebbe perduto la cosa fondamentale: l'odore. Non sarebbe più la Topolino."
E se l'odore di cui si parla fosse la consistenza materica tanto rincorsa e protetta, tanto venerata, quanto trascurata?
Forse la definizione di questa differenza profonda tra le due categorie l'avevo soltanto cercata nel posto sbagliato, e dovevo aspettare di imbattermici per caso, nella lettura spensierata d'altri argomenti, per capirla fino in fondo e farla mia.
da "La leggenda dei monti naviganti", Paolo Rumiz, Ed. Universale Economica Feltrinelli, pag. 250.