In Campania c'è una terra che ha molto da raccontare: c'è un'Irpinia che non ti aspetti e una che preferiresti non trovare. Questo mio racconto attraverso l'Irpinia parte dal casello autostradale di Lacedonia e si inerpica attraverso il paesaggio costellato di pale eoliche. Questa è l'Irpinia che non avevo messo in conto, e che stupisce positivamente e fa riflettere circa i dibattiti sempre accesi, soprattutto nei salotti delle soprintendenze italiane, sull'impatto delle energie alternative sul nostro paesaggio agrario. La quantità di pale è sorprendente e ci comunica, qualora non ce ne fossimo già accorti, che in questo posto è il vento a farla da padrone. Inutile provare a resistergli: le nostre teste sono già scapigliate e gli steli dell'erba dorata sono lì a frusciare per noi!
Le pale, questi “mostri” giganteschi, con le loro ombre laconiche che si stagliano sulla terra, sono dei metafisici uccelli preistorici che ci accompagnano fino ai borghi più sperduti, che abbiamo deciso di visitare. Siamo diretti a Monteverde, e sono le 10:00 del mattino, ma prima di incontrare una sola macchina dobbiamo percorrere almeno 20 chilometri. Non ci dispiace, ci fa sentire dei privilegiati. Il paesaggio è di una bellezza mozzafiato: è disegnato dai campi dorati e dal vento.
Dopo una breve sosta a Monteverde ci dirigiamo verso Aquilonia, e a sorprenderci lungo il percorso che conduce al Lago San Pietro è il borgo abbandonato di Carbonara.
Il terremoto del 1930 ha costretto le persone a scappare, a cercare un nuovo posto in cui (ri)fondare la propria esistenza, non lontano, ma comunque altrove, partendo da zero.
Alcuni dei vecchi edifici del borgo antico sono stati restaurati e il sito è liberamente visitabile: e noi non ci tiriamo indietro.
Dopo questa breve puntata tra stipiti divelti, solai crollati, portali lasciati in piedi a mo' di quinta teatrale, sul paesaggio intorno, ci dirigiamo verso Sant'Angelo dei Lombardi: non possiamo rinunciare ad una visita all'Abbazia del Goleto, tra i siti architettonici di maggiore interesse di tutto il meridione d'Italia.
Infine, si è svelata ai nostri occhi l'Irpinia che non avremmo voluto trovare, quella che attribuivamo a racconti datati, quella che speravamo fosse solo un brutto ricordo. La visita dell'area archeologica dell'antico abitato di Conza della Campania non è possibile: il sito è chiuso, non “per ferie” e neanche per chiusura settimanale. Lo è perché in Irpinia il turismo è ancora diroccato, come quelle case abbandonate in tutta fretta e lasciate ancora lì così.
Non sono bastati 30 anni a cancellare il dolore, il disastro, le macerie, i crolli. Le persone hanno trasferito non molto lontano le loro vite, in nuove case, più confortevoli di quelle che avevano: ma il cadavere di quelle precedenti giace ancora lì sul colle che le sovrasta!